Joel-Peter Witkin nasce a New York nel 1939 da padre ebreo immigrato dalla Lituania e madre cattolica di origini italiane. I genitori divorziano quando Witkin è ancora un bambino a causa delle differenze religiose. Il fratello gemello, Jerome Paul, è un noto pittore. Cresce e studia a Brooklyn. Durante il servizio militare gli vengono assegnati diversi lavori di reportage e riceve una prima formazione, prevalentemente tecnica, nell’ambito della fotografia. Contrariamente a quanto viene normalmente riportato e nonostante si fosse nel pieno della guerra in Vietnam, Witkin non venne mai inviato sul campo di battaglia come corrispondente ma gli fu richiesto di documentare la vita di tutti i giorni del reggimento di base in Europa e altrove e, in modo particolare, la percentuale di incidenti e suicidi. Abbandonate le armi, Witkin inizia a studiare arte diplomandosi alla Cooper Union e nel 1974 riceve una borsa di studio per la University of Colombia. Successivamente si trasferisce ad Albuquerque (New Mexico), dove vive tuttora, e lì si iscrive alla University of New Mexico dove si laurea in belle arti. E’ allora che inizia realmente a occuparsi di fotografia. Witkin racconta spesso delle sue prime ricerche e del modo in cui cominciò a realizzare i suoi set fotografici e a lavorare con modelli fuori dalla norma ingaggiati in incontri fortuiti o tramite inserzioni. In particolare, racconta del tempo trascorso con il cast di uno spettacolo di “freak”. E’ a partire da questo momento che sviluppa uno stile più individuale sia nella fotografia che nella tecnica di stampa, realizzando pochi scatti e stampando sempre personalmente, con tirature limitate.Sebbene non sia mai stato un reporter o un fotografo di eventi, Witkin ha viaggiato molto. Sensibile alle differenze culturali e alle atmosfere che da queste scaturiscono, ha scattato fotografie in molti paesi realizzando sistematicamente con molto rigore i suoi set, sempre accurati nei dettagli.L’approfondita cultura artistica di Witkin e la sua conoscenza del vocabolario plastico e dei temi della grande arte – sia classica che moderna – traspaiono nella scelta dei suoi soggetti, nelle messe in scena e nei punti di vista. In molti casi ha reinterpretato grandi capolavori dei maestri del passato come Goya, Courbet, Manet… Sia che vengano chiaramente esplicitati nel titolo, sia che appaiano come una presenza sottile nelleimmagini, questi costanti rimandi sono un elemento fondamentale della sua opera. Witkin non interviene sulle sue fotografie con tecniche digitali e non utilizza, infatti, né una fotocamera digitale, né software di postproduzione. Al contrario ottiene l’immagine finale manualmente attraversola tecnica del collage. Le sue composizioni vengono pensate prima di vedere la luce e di solito sono meticolosamente preparate con schizzi a matita o carboncino. L’elevata elaborazione delle immagini, che rende le sue fotografie immediatamente identificabili, avviene durante la fase di stampa. Witkin ha sviluppato una grande abilità con diversi procedimenti molto personali (dal graffio allo strappo dei negativi, all’utilizzo di filtri e varie tipologie di ostacoli tra il supporto e l'ingranditore) per essere in grado di fare qualsiasi cosa durante il procedimento di stampa. Solitamente entra nella camera oscura e non smette di lavorare fino a quando non ha ottenuto l’immagine perfetta. Questo è un aspetto cruciale del suo lavoro, soprattutto dal momento che molti fotografi delegano spesso questa parte della produzione a uno stampatore: per Witkin il processo materiale della creazione è di capitale importanza. Quello che Witkin espone è certamente un soggetto ma è anche la vera sostanza della fotografia, in quanto oggetto essa stessa. Quello che Manet faceva con la pittura – che era dimostrare l’importanza della materia e della tela oltre i temi e gli aneddoti – Witkin fa con la fotografia.

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